illustrazione

Più o meno Esopo → favole liberamente rimoralizzate



anno: 2018 /
tecnica: acrilici pastelli e inchiostri su tavola sagomata e incisa.


IL CORVO E LA VOLPE

Un Corvo rubò un pezzo di carne e si posò su un ramo. La Volpe vedendolo gli andò incontro e si fermò sotto l’albero: “Sapevo di te che eri brutto e nero come la pece, ma adesso che ti vedo mi meraviglio: il tuo corpo è perfetto e le tue penne son lucenti.”
Il Corvo guardava la Volpe dall’alto, inclinando la testa ora da un lato ora dall’altro senza saper che dire. Era solito venir trattato da Uccellaccio del Malaugurio, tanto che ormai era egli stesso convinto di portar sfortuna.
“Se nel cantare sei nobile come nel portamento devi certo essere tu il Re degli Uccelli”, continuò la Volpe.
Fu tale la delizia di saper che qualcuno lo ammirava che desiderò di omaggiare la Volpe con una musica soave. Non pensò più alla carne, aprì la bocca e la lasciò cadere per provare a cantare, ma non seppe dir di meglio che CRA CRA CRA.
In un sol morso la Volpe inghiottì il boccone e, ghignando, se ne andò.

 

DI UN ORSO E SUA MOGLIE

Avendo combattuto l’Orso con la moglie, le aveva egli cavato un occhio con le unghie, e poi se n’era andato per non mostrare quel po’ di pentimento che l’aveva colto. L’Orsa dal canto suo era rimasta dov’era: sentimenti scuri come le ombre del bosco le facevano dolere il petto più del muso. Non sapeva cosa farsene dell’occhio sano ora che l’Orso non c’era più, la sola cosa che ancora lei bramava vedere era lui ritornare. Non l’avrebbe confessato a nessuno e in ogni caso nessuno era lì ad ascoltare.

 

LA MULA

Una Mula, per il molto orzo che aveva mangiato, era diventata grassa e vanitosa. Diceva sempre fra sé e sé: “mia madre era una cavalla da corsa e io le assomiglio in ogni cosa”. Finché un giorno, alla Mula, capitò di dover correre davvero: due sgambate e non ne poté più. Aveva il fiato grosso e il cuore le bussava sul petto come se volesse uscirne fuori. Si fermò e abbassò la testa, un po’ per la stanchezza ma il più per la vergogna: “Oimè, mia madre era una Cavalla, ma ora mi ricordo di mio padre, che era un Asino.”

 

(Il testo di queste favole è stato liberamente riscritto e interpretato.)

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